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Tacito
De oratoria,34
 
originale
 
[34] Ergo apud maiores nostros iuvenis ille, qui foro et eloquentiae parabatur, imbutus iam domestica disciplina, refertus honestis studiis deducebatur a patre vel a propinquis ad eum oratorem, qui principem in civitate locum obtinebat. Hunc sectari, hunc prosequi, huius omnibus dictionibus interesse sive in iudiciis sive in contionibus adsuescebat, ita ut altercationes quoque exciperet et iurgiis interesset utque sic dixerim, pugnare in proelio disceret. Magnus ex hoc usus, multum constantiae, plurimum iudicii iuvenibus statim contingebat, in media luce studentibus atque inter ipsa discrimina, ubi nemo inpune stulte aliquid aut contrarie dicit, quo minus et iudex respuat et adversarius exprobret, ipsi denique advocati aspernentur. Igitur vera statim et incorrupta eloquentia imbuebantur; et quamquam unum sequerentur, tamen omnis eiusdem aetatis patronos in plurimis et causis et iudiciis cognoscebant; habebantque ipsius populi diversissimarum aurium copiam, ex qua facile deprehenderent, quid in quoque vel probaretur vel displiceret. Ita nec praeceptor deerat, optimus quidem et electissimus, qui faciem eloquentiae, non imaginem praestaret, nec adversarii et aemuli ferro, non rudibus dimicantes, nec auditorium semper plenum, semper novum, ex invidis et faventibus, ut nec bene [nec male] dicta dissimularentur. Scitis enim magnam illam et duraturam eloquentiae famam non minus in diversis subselliis parari quam suis; inde quin immo constantius surgere, ibi fidelius corroborari. Atque hercule sub eius modi praeceptoribus iuvenis ille, de quo loquimur, oratorum discipulus, fori auditor, sectator iudiciorum, eruditus et adsuefactus alienis experimentis, cui cotidie audienti notae leges, non novi iudicum vultus, frequens in oculis consuetudo contionum, saepe cognitae populi aures, sive accusationem susceperat sive defensionem, solus statim et unus cuicumque causae par erat. Nono decimo aetatis anno L. Crassus C. Carbonem, unoetvicesimo Caesar Dolabellam, altero et vicesimo Asinius Pollio C. Catonem, non multum aetate antecedens Calvus Vatinium iis orationibus insecuti sunt, quas hodieque cum admiratione legimus.
 
traduzione
 
34. ?Dunque, presso i nostri antenati, il giovane destinato all'eloquenza nel foro, col corredo della formazione ricevuta in casa e arricchito di buoni studi, veniva condotto dal padre o dai parenti da quell'oratore che godeva della posizione di maggior prestigio a Roma. Doveva abituarsi a frequentarlo, a scortarlo in pubblico, a seguirlo in tutti i suoi discorsi sia in tribunale sia nelle assemblee, in modo da non perdere neanche gli scontri verbali e da presenziare ai diverbi e da imparare, se cos? si pu? dire, a combattere stando dentro la battaglia. Da ci? derivava subito ai giovani molta esperienza, grande sicurezza e una notevole dose di sano discernimento, perch? studiavano nella piena luce del foro e in mezzo ai processi, dove nessuno pu? dire impunemente sciocchezze o fare affermazioni contraddittorie, senza evitare la disapprovazione dei giudici, il sarcasmo dell'avversario e infine il dissenso degli stessi amici presenti. Cos?, dunque, venivano subito iniziati alla vera e incorrotta eloquenza; e, pur essendo al seguito di un solo avvocato, finivano per conoscere tutti gli avvocati del loro tempo attraverso un gran numero di cause civili e penali. Inoltre il rapporto col pubblico dava loro la possibilit? di cogliere le grandi divergenze di gusto, e sulla base di ci? potevano facilmente scoprire che cosa era valorizzato in ciascun oratore e che cosa finiva per spiacere. Cos?, da una parte non mancava il maestro, ottimo anzi e scelto al meglio, che sapesse mostrare il vero volto dell'eloquenza e non una pallida copia; dall'altra non mancavano avversari e rivali che lottavano con armi di ferro e non di legno, e un uditorio sempre pieno, sempre nuovo, composto da detrattori e sostenitori, i quali non lasciavano passare inosservato nulla, buono o cattivo che fosse. Sapete, infatti, che la fama di eloquenza, quella grande e duratura, uno se la costruisce non meno sui banchi avversari che sui propri: l?, anzi, sorge pi? salda e l? mette le sue radici pi? robuste. Certo! Con precettori di questo genere il giovane di cui parliamo, discepolo di oratori, abituato ad ascoltare nel foro, a seguire le cause in tribunale, formato e allenato dalle esperienze altrui, ferrato nella conoscenza delle leggi, perch? ne sentiva parlare ogni giorno, buon conoscitore del volto dei giudici, questo giovane che, per lunga pratica, aveva sempre davanti agli occhi le assemblee, che aveva sperimentato frequentemente i gusti del pubblico, costui era in grado di affrontare, da solo e subito, qualsiasi causa, sia che assumesse l'accusa sia la difesa. Lucio Crasso sostenne un'accusa contro Gaio Carbone a diciannove anni, Cesare contro Dolabella a ventuno, Asinio Pollione a ventidue contro Gaio Catone, Calvo, non molto pi? anziano, contro Vatinio; e i loro discorsi sono letti ancor oggi con ammirazione.?
 

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